Pensare per colori (F.Tramuta) 2014 Non sapevo niente di Isabella Staino. Tantomeno sapevo che dipingesse. Poi, pochi mesi fa, è entrato in negozio un giovanotto dall’aria simpatica. Teneva in mano un librino dalla copertina colorata. Per un attimo ho temuto il peggio (‘l’ennesimo poeta che si crede Montale e mi vuole mollare il suo capolavoro’), ma il timore è stato fugato una volta il librino sulla cassa: Antonio Tabucchi, “Isabella e l’ombra”. - Non lo conosco questo testo di Tabucchi – ho detto al giovanotto e, nel frattempo, continuavo ad osservare l’illustrazione della copertina. Sfogliando le poche pagine, scoprivo gli altri dipinti all’interno. - E chi è questa Isabella Staino che ha fatto le illustrazioni? - Una mia amica che vive a Livorno. Tabucchi questo testo lo ha scritto per lei – mi ha risposto il gentile giovanotto. Catturato dai colori, scorrevo velocemente il testo di Tabucchi e pensavo a tutte le volte che Antonio era venuto a trovarmi, alle nostre chiacchierate in libreria o nel bistrot di fronte, davanti a una bottiglia di champagne. Conoscevo già la passione di Tabucchi per le arti figurative, avevo già letto e apprezzato le sue belle pagine consacrate a pittori di ogni epoca e nazionalità, ed ecco che adesso Antonio, attraverso uno di quei percorsi così poco lineari a lui tanto cari, mi faceva scoprire una giovane pittrice toscana. “E questa Isabella pensava per colori” scrive Tabucchi all’inizio del librino. E tutto è detto sull’arte di Isabella Staino. Io, dopo aver visto molte altre opere di questa giovane artista, posso solo aggiungere le impressioni di un profano che non si stanca di ammirare la sua capacità di creare un universo fatto di mistero. La forza del colore, la chiarezza del tratto non sono mai al servizio di una qualsivoglia forma di Realismo, ma rimandano, per contrasto, alla sua negazione (al suo ‘rovescio’, avrebbe detto Tabucchi). Se gli occhi dei suoi personaggi sono ben delinea ti, le pupille non fissano mai l’osservatore, sono volte altrove, in un altrove distante dalla scena del dipinto. La dolce campagna toscana può irrigidirsi nelle reminiscenze della tradizione pittorica, o farsi avvolgente, scenario di sortilegi. Le architetture delle stanze e dei casolari addomesticano la Metafisica dei Grandi. I suoli, erbosi o piastrellati, pur nella loro cromatica precisione, mostrano morbidezze che ben poco hanno di solido e che rimandano alla magia dei tappeti, capaci, questi, di volare e di far volare. E se i colori di Isabella fossero quelli che vediamo solo nei sogni e che, al risveglio, ci consegnano, contenti o sgomenti, alla solita luce del giorno?
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